Dal cielo alla terra. Da Michelangelo a Caravaggio. Il tesoro d'Italia III (2015) by Vittorio Sgarbi

Dal cielo alla terra. Da Michelangelo a Caravaggio. Il tesoro d'Italia III (2015) by Vittorio Sgarbi

autore:Vittorio Sgarbi [Sgarbi, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2016-01-31T23:00:00+00:00


Mirabello Cavalori, Il lanificio, Studiolo di Francesco I, Palazzo Vecchio, Firenze

Alessandro Allori, Pesca delle perle, Studiolo di Francesco I, Palazzo Vecchio, Firenze

Giovanni Maria Butteri, La vetreria, Studiolo di Francesco I, Palazzo Vecchio, Firenze

Bastianino, Giudizio universale, part., duomo di Ferrara

BASTIANINO

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FORME NELLA NEBBIA

Tra le più originali e anomale esperienze del manierismo padano è certamente quella del ferrarese Sebastiano Filippi, detto Bastianino. Nessun dubbio che anche per lui sia stata essenziale l’esperienza di Parmigianino, ma è non meno importante che egli sia il punto d’arrivo della grande civiltà artistica ferrarese, e che nella sua formazione la maniera romana, raffaellesca e michelangiolesca, sia filtrata da Girolamo da Carpi e da Dosso Dossi. La lezione del padre Camillo si integra con quella di opere romaniste e ferraresi come il San Girolamo di Girolamo da Carpi per la chiesa di San Paolo. Ma la riflessione su Michelangelo appare invece diretta in opere come la Caduta di san Paolo nella chiesa di Massa Lombarda, dove è evidente la derivazione dall’affresco della Cappella Paolina; e nel Giudizio universale nel catino absidale del duomo di Ferrara, sensibilissima variazione del Giudizio universale della Cappella Sistina. Si è voluta vedere in questa così notevole impresa anche una consonanza con il Tiziano maturo, dalla pittura informale e disfatta.

Osservando questi risultati, Roberto Longhi può descrivere Bastianino come “il William Blake della pittura del Cinquecento italiano” e indicare alcune sorprendenti anticipazioni della pittura di Goya. Ciò che appare evidente è che, per un processo di dolente tormento interiore, Bastianino all’esordio dell’ottavo decennio del Cinquecento può fare i conti con tutti i maestri della pittura del secolo. E certamente ammira il Tiziano della piena maturità e ne trae suggerimenti e stimoli, in una interpretazione non coloristica ma intrinsecamente ferrarese. Ossia nebbiosa. Con questo animo affronta i grandi artisti, gli artisti inevitabili, e le loro opere imprescindibili. Così il Giudizio universale, e così la Santa Cecilia di Raffaello, di cui offre una reincarnazione per la chiesa di Santa Maria in Vado. Davanti a questi modelli, Bastianino procede con uno svuotamento delle forme, che appaiono senza sostegno, senza consistenza, nebulose, in un’esecuzione di tocco che anticipa sorprendentemente il Piccio e, più ancora, Tranquillo Cremona, e perfino Bonnard, oltre ai già ricordati Blake e Goya. Bastianino propone i suoi “d’après” al modo di un innamorato che non può prescindere da quei modelli, ma non vuole copiarli come un Marcello Venusti o un manierista romano. Egli vede come in sogno, attraverso una percezione apparentemente imperfetta, una visione sfocata da miope. In questo, il procedimento d’alterazione visiva, pur nella minor fortuna, è analogo a quello di El Greco, la cui maniera sembra favorita da una distorsione visiva. La pittura di Bastianino, che si spinge sino al secolo nuovo, è come un viaggio verso la fine del tempo, dove le forme si consumano, diventano fumo, cenere, nebbia. Bastianino muore nel 1602 annichilendosi e annichilendo le forme, nello stesso anno in cui Caravaggio, con ben diverso tormento, compie la seconda versione della Caduta di san Paolo per la Cappella Cerasi della basilica di Santa Maria del Popolo a Roma.



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